La convivenza more uxorio permette di usufruire di vantaggi propri del matrimonio
Attribuzioni patrimoniali fra conviventi etero ed omosessuali
I conviventi omosessuali possono essere inquadrati nel campo più ampio della convivenza more uxorio, ossia quella che viene anche definita la “famiglia di fatto”: si instaura quando due persone decidono di vivere insieme al di fuori del vincolo matrimoniale ma condividendo doveri e obblighi come una coppia sposata.
Le coppie omosessuali non possono contrarre legalmente matrimonio e quindi danno vita a nuclei familiari atipici e ancora non precisamente tutelati dalla legge: per ora le tutele accordate alle coppie omosessuali sono le stesse riconosciute a una coppia di eterosessuali che decide di convivere more uxorio.
Quando si parla di attribuzioni patrimoniali, si intende l’arricchimento della sfera patrimoniale di un soggetto attraverso l’acquisto di un diritto o l’esonero da un obbligo a scapito di un altro soggetto. Quando questo avviene fra due persone conviventi, siano esse etero o omosessuali, le regole cambiano rispetto a quando si verifica nel matrimonio.
Regole per la restituzione delle somme prestate al convivente omosessuale
La convivenza more uxorio viene considerata inquadrabile nel più generale principio costituzionale che tutela le libere associazioni di persone (art. 2 Cost.): per questo assumono importanza i doveri morali e materiali che i conviventi detengono l’uno nei confronti dell’altro; tra questi figura l’esclusione della ripetizione di eventuali attribuzioni patrimoniali effettuate durante la convivenza.
Anche tra due conviventi omosessuali, dunque, vige un generale divieto di chiedere la ripetizione di obbligazioni naturali adempiute dal convivente richiedente, dove per obbligazioni naturali si intende le obbligazioni che trovano la propria fonte nei doveri morali e sociali.
In questo senso la famiglia di fatto viene avvicinata alla famiglia tradizionale: anche nel vincolo matrimoniale, infatti, non è possibile richiedere la restituzione delle somme elargite da un coniuge all’altro, fermo restando che si tratti di somme utilizzate per la vita familiare, che facciano parte dei doveri morali e di assistenza reciproci che l’art. 143 c.c. impone al rapporto fra marito e moglie.
Questo principio non è comunque generale: quando si parla di convivenza more uxorio, quindi anche fra coppie omosessuali, ad essere esenti dall’obbligo di restituzione sono solo i versamenti effettuati per far fronte alle esigenze di vita quotidiana, in qualunque forma e con qualunque cadenza siano stati elargiti (mensilmente, una tantum ecc.)
Se al termine di una convivenza uno dei due conviventi decide di chiedere indietro una somma prestata o regalata all’altro partner, deve essere avviata un’indagine per stabilire di quale tipo di attribuzione si tratti. Questa indagine spetta al giudice del merito, che valuta sulla base degli elementi probatori che gli vengono presentati. L’onere di produrre le prove è chiaramente a carico del convivente che chiede la restituzione della somma: è lui che dovrà dimostrare gli elementi costitutivi della domanda, quindi l’avvenuta consegna della somma ma anche a che titolo questa stessa somma era stata elargita.