Adottare il figlio del convivente non è consentito dalla legge, ma una sentenza della Corte di Firenze dice il contrario
L’adozione è l’atto attraverso il quale una coppia accoglie un minorenne (in alcuni casi anche un maggiorenne) per donargli una famiglia, nel caso in cui a questo manchi il sostegno di quella d’origine. La questione qui, è capire se è possibile adottare il figlio del convivente.
In generale, i requisiti per poter fare la domanda di adozione nel nostro paese sono molto rigidi, infatti i presupposti sono i seguenti:
- Il minore deve essere dichiarato in stato di abbandono, ovvero privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti entro il quarto grado;
- Il tribunale per i minorenni deve emettere la dichiarazione di adottabilità, che attesta che il minore si trova in stato di abbandono;
Gli adottanti devono rispondere a dei requisiti:
- Devono essere uniti in matrimonio da almeno tre anni o tra convivenza e matrimonio devono raggiungere questo traguardo; tra loro non deve aver avuto luogo negli ultimi tre anni la separazione personale, neppure di fatto;
- La loro età deve superare di almeno 18 e di non più di 45 anni l’età dell’adottato (in taluni casi è consentita una deroga);
- Devono essere giudicati idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare.
Adottare il figlio del convivente è possibile?
Abbiamo visto che la legge concede la possibilità di adottare solo alle coppie unite in matrimonio; ma è possibile adottare il figlio del convivente, quindi senza essere sposato con l’altro genitore?
L’articolo 44 della legge 144 del 1983 prevede la possibilità, per il coniuge, di adottare il figlio del coniuge, senza esprimersi sulla convivenza.
Per questo possiamo solo far riferimento ad una pronuncia della Corte d’Appello di Firenze (sezione minorenni) del 2013, che ha esteso questa possibilità, permettendo di adottare il figlio del convivente.
Più volte i Giudici hanno respinto richieste di adozioni da parte di soggetti adatti in tutto, ma non uniti in matrimonio, un vincolo che oggi sembra essere sempre più un’utopia, considerando la percentuale sempre in crescita di separazioni e divorzi.
La pronuncia della Corte d’Appello di Firenze si basa, infatti, sul presupposto che l’interesse del minore può essere tranquillamente garantito a prescindere dall’esistenza o meno di un vincolo giuridico tra i genitori, estendendo così la possibilità ad adottare il figlio del convivente.
È, infatti, fondamentale tutelare è l’interesse e l’inserimento del minore in un contesto idoneo al suo sviluppo, e questo non può essere certamente collegato ad una scelta personale e relativa alla sfera personale di due soggetti, di unirsi o meno in matrimonio.
Secondo la Corte d’Appello di Firenze non è giusto pregiudicare i diritti inviolabili garantiti al minore dalla Carta Costituzionale: questo il principio sul quale si è basata la sentenza, innovativa e rivoluzionaria.