Nel mantenimento al coniuge, per esempio, l’ex moglie deve versare 2.000 euro mensili al marito disoccupato
A dover farsi carico del mantenimento al coniuge più debole, dopo la separazione, è tipicamente il marito: questo perché sono le donne in generale, almeno nel nostro paese, a farsi maggiormente carico della famiglia e spesso a dover lasciare il lavoro o a rinunciare alle proprie aspirazioni professionali per motivi familiari.
Per questa ragione spesso sono le donne le destinatarie dell’assegno di mantenimento: non è però sempre così, esistono le eccezioni, e a volte possono essere clamorose.
Un mantenimento da 2000 euro per il marito dopo il divorzio
La Corte di Cassazione si è trovata ad esaminare il caso della separazione di due coniugi, dove la moglie rappresentava il lato economicamente forte della coppia in virtù dei suoi introiti: con la separazione al marito venivano concessi 500 euro mensili, una misura che lui contestava in appello ritenendola insufficiente a mantenere lo stile di vita precedente alla separazione.
In Appello venivano riconosciuti al marito prima 800 euro mensili, in seguito al licenziamento di lui dall’azienda dove lavorava e la conseguente messa in mobilità, e poi dopo la sentenza di divorzio la cifra veniva fissata a 2.000 euro di mantenimento al coniuge da parte dell’ex moglie.
La moglie ricorreva in Cassazione contro il provvedimento, spiegando le sue ragioni: affermava infatti che la sua disponibilità economica era riconducibile ad una grossa somma posseduta su un conto in banca (circa 3 milioni di euro a cui aveva accesso anche suo padre) e che oltre a quella cifra lei non aveva redditi fissi essendo una casalinga disoccupata che doveva mantenere interamente anche i due figli nati dal matrimonio.
La donna faceva quindi notare che la cifra conservata in banca era destinata solo a diminuire e le sarebbe dovuta bastare al sostentamento per tutta la sua vita: inoltre accusava l’ex marito di non essere stato licenziato ma di aver chiesto di entrare in mobilità e faceva presente che lui poteva contare su entrate economiche dovute al lavoro -saltuario- come disc jockey.
Nonostante le obiezioni sollevate, la Cassazione respingeva ogni ricorso e confermava alla donna l’obbligo di provvedere al mantenimento al coniuge, sostenendo comunque il principio che il tenore di vita dopo la separazione dovesse rispecchiare quello precedente e contestando la mancanza di prove sulla reale occupazione -o disoccupazione- dell’ex marito.
Assegno di mantenimento al coniuge: come viene calcolato
Il mantenimento al coniuge è dovuto laddove ne sia stata fatta richiesta ed esistano i presupposti per ottenerlo: il coniuge richiedente deve dimostrare di essere la parte debole economicamente della coppia e di non essere in grado di sostenere sé stesso, mantenendo lo stesso livello di vita goduto dopo il matrimonio.
Il mantenimento viene dunque calcolato tenendo presenti i proventi dell’attività lavorativa e altre fonti di ricchezza sia del richiedente che del coniuge che deve farsene carico: viene valutata anche la capacità e l’attitudine al lavoro del richiedente, partendo dall’età, l’esperienza lavorativa, le condizioni di salute e il tempo che è intercorso dall’ultima prestazione di lavoro.
Inoltre il giudice verifica se i mezzi economici a disposizione del richiedente possano consentire di mantenere un livello di vita simile al precedente indipendentemente dalla percezione dell’assegno: se così non è, deciderà l’importo dell’assegno cercando di equilibrare le esigenze.