L’addebito della separazione al marito traditore è valido quando l’infedeltà causa la crisi
Sarebbe scontato supporre che l’infedeltà coniugale sia uno dei principali motivi che porta alla separazione con addebito ai danni dell’infedele: nonostante questo sia in linea di massima corretto, a volte i giudici (sia di merito che in Cassazione) hanno respinto richieste di addebiti per infedeltà.
Questo perché in realtà, per ottenere l’addebito della separazione al marito traditore è necessario che il tradimento effettivo sia stato consumato in un periodo compatibile alla crisi di coppia e che possa essere quindi stabilito con certezza che sia il motivo della fine del matrimonio.
Per determinare infatti l’effettivo addebito, va dimostrato che l’intollerabilità della convivenza (elemento alla base della separazione) sia ascrivibile senza dubbio all’infedeltà coniugale.
Il tradimento davanti alla legge: quando è riconosciuto l’addebito
La Corte di Cassazione in passato ha già considerato il tradimento come una forma dell’espressione della libertà personale di autodeterminazione nelle relazioni amorose, tutelata dall’articolo 2 della Costituzione: nel caso in cui si deliberava su quel particolare frangente, però, si parlava di persone fidanzate e non ancora sposate (sentenza n. 11467/2015)
Sebbene quindi la crisi matrimoniale non possa essere imputata in automatico all’infedeltà, ci sono alcuni casi in cui la condotta del fedifrago è abbastanza evidente da portare ad un addebito della separazione al marito traditore.
E’ il caso affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.5108/ 2015: un ex marito si lamentava per l’addebito della separazione in quanto era stato sì infedele, ma anni prima che si verificasse la separazione.
L’uomo cercava quindi di smontare il nesso causale fra tradimento e separazione che era alla base della richiesta dell’ex moglie.
In questo caso però l’addebito della separazione al marito traditore è stata confermata: la Cassazione ha ritenuto giuste le considerazioni dei giudici di merito sulla colpevolezza del marito, anche perché era stato dimostrato, in sede di dibattimento, che anche poco prima della separazione l’uomo aveva tentato un approccio con un’altra donna fornendo false generalità.
Fatale al ricorrente, in questo caso, la certificata condotta di “habitué” del tradimento: se la scappatella coniugale è un modus vivendi, in altre parole, il nesso causale di cui la Corte ha bisogno per stabilire l’addebito della separazione al marito traditore è servito su un piatto d’argento.
Rapporti di causa-effetto nelle crisi matrimoniali
In altri casi, al contrario, la Cassazione ha dato ragione a mariti che erano riusciti a dimostrare che l’infedeltà era l’effetto e non la causa della crisi matrimoniale.
Di base l’addebito scatta quando si riesce a dimostrare che il matrimonio è finito perché uno dei due coniugi è contravvenuto ad uno degli obblighi sanciti dal patto matrimoniale e che questo è stato il motivo della crisi matrimoniale: non serve arrivare all’infedeltà, è anche sufficiente riuscire a certificare comportamenti ingiusti e vessatori, che fanno venire meno il patto di solidarietà morale stipulato fra i due coniugi.