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Disconoscimento del figlio nato da una relazione extraconiugale

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La Corte di Cassazione di Salerno ha confermato questa possibilità di disconoscimento del figlio

Una sentenza che risale ad aprile 2014, della Suprema Corte di Cassazione di Salerno, ha confermato che è possibile il disconoscimento del figlio.

In questo specifico caso si trattava di un figlio nato da una relazione extraconiugale, che il “presunto” padre, separato, ha scoperto solo in seguito essere stata intrapresa da quella che una volta era la moglie.

Sorto il dubbio della paternità, l’uomo si è rivolto al Tribunale per il disconoscimento del figlio, dopo aver anche effettuato degli esami ematologici, che hanno confermato i sospetti riguardo l’adulterio della moglie e del conseguente concepimento extraconiugale.

La legge italiana prevede, infatti, la possibilità di richiedere il disconoscimento di paternità (che nel caso di figli nati all’interno del matrimonio è “presunta”), ma solo in alcuni casi:

  • Mancata convivenza dei coniugi nel periodo compreso tra il 300simo ed il 180simo giorno prima del parto;
  • Se in questo periodo di tempo l’uomo era affetto da impotenza, o incapace di concepire (ad esempio una malattia poi curata);
  • Se la moglie ha avuto una relazione extraconiugale;

In questo caso concreto ci troviamo di fronte all’ultima ipotesi: inizialmente, nel 2006, la domanda dell’uomo è stata però rigettata dal Tribunale, a causa dell’opposizione della madre nell’effettuare i prelievi necessari all’indagine genetica-ematologica, per sé e per il minore.

Sentenza confermata anche in sede d’appello.

L’uomo ha così deciso di procedere con il ricorso presso la Corte di Cassazione, accolto con la sentenza n. 4175 del 2007: è stato rilevato che la Corte Costituzionale aveva dichiarato illegittimo l’art. 235 c.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui, ai fini dell’azione di disconoscimento della paternità, viene subordinato l’esame delle prove tecniche, da cui risulta che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre, alla dimostrazione dell’adulterio della moglie.

Nel maggio del 2010 la corte d’appello di Salerno ha così accolto la domanda di disconoscimento del figlio, ordinando all’Ufficiale dello Stato civile di attribuirgli il cognome della madre.

La questione è tornata di fronte alla Corte di Cassazione, ma questa volta la madre si è lamentata del fatto che, prima della sentenza del 2006, nessuna indagine ematologica era possibile (art. 95 DPR n. 396/2000), e quindi la domanda di disconoscimento non avrebbe potuto superare la fase preliminare dell’accertamento dell’adulterio; la donna ha anche contestato la violazione dell’art. 394 C.P.C. nonché il vizio di motivazione, affermando che solo dopo la sentenza della Corte costituzionale e delle modifiche apportate dal Legislatore, era consentito proporre la domanda di mantenimento del cognome.

La cassazione ha dichiarato i motivi di ricorso infondati.

E’ stato così possibile il disconoscimento del figlio da parte dell’uomo che ne aveva fatto richiesta.